Monte Guaidone

La passeggiata in montagna con Giorgetta, ormai una tradizione che si va consolidando.
Castelluccio e la sua piana valgono sempre una passeggiata e ci è sembrato il posto migliore dove portare la nostra piccola amica Giorgia. In vetta al Guaidone in particolare, pochi i chilometri, poco il dislivello ma una vera piacevole sorpresa proprio nel mezzo al nostro gioiello naturalistico di casa.


Coinvolgere la nostra piccola amica nelle passeggiate in montagna sta diventando tradizione, almeno fin tanto ce lo permetterà e naturalmente quando i suoi tanti impegni scolastici e non solo si sono conclusi; la nostra “deliziosa” amica è sempre lei, Giorgia, undici anni di energia esplosiva e positiva. Complice la sua iscrizione alle sezioni giovanili del CAI e la voglia che ha di vivere all’aria aperta abbiamo iniziato lo scorso anno con le magie della Sibilla e continueremo quest’anno sempre in terra della Sibilla con la piccola escursione, ma tanto tanto gratificante, al monte Guaidone, quella piramide verde e spanciata, centralissima alla piana di Castelluccio, vero balcone naturale sul gioiello naturalistico di casa che è in procinto di vestirsi del suo abito più bello, le famose fioriture tra le coltivazioni di lenticchia. Anzi no, le fioriture non sono il suo abito più bello, è solo quello più appariscente; la piana di Castelluccio è davvero unica in inverno, quando la neve o le nebbie la rendono magica e in genere sempre lontano dalla bella stagione quando la solitudine quasi assoluta la fa esaltare di una bellezza incontrastata e intima. La nostra piccola Giorgia, Giorgetta per noi, è stata la ragione, il pretesto, la scintilla perché si creasse una bella amicizia con la sua famiglia, vicini di casa, per cui, ovvio, come lo scorso anno sono con noi anche la mamma Silvia, il papà Enrico e la piccola Leila, una cagnetta che col recinto di casa nel mezzo mi mostra sovente i suoi canini ma che in montagna trotterella paciosa senza degnarmi di uno sguardo. Manca il fratellone di Giorgetta quest’anno, Luigi, alle prese con gli esami, scusa sostenibile per “rubare” una giornata in compagnia dei suoi amici. Per noi che arriviamo da Ascoli è l’ultimo week end di accesso alla piana, la fioritura porta con se’ afflusso spropositato e dal prossimo sarà vietato l’accesso alle auto, non contiamo di trovare i colori delle giornate di luglio ma un minimo di accenno si e soprattutto contiamo di essere soli; convergiamo sul valico che chiude la piana sul lato di Norcia, poco sopra il diruto rifugio Perugia. Dal valico si stacca una strada di servizio alla piana e ai vecchi e abbandonati impianti di risalita, la prendiamo fino al primo incrocio poche centinaia di metri più avanti dove si stacca sulla destra una sterrata in leggera salita che raggiunge quasi subito la piccola dorsale della Collina Carbonara che sorvola sopra la sterrata e si affaccia sui due lati della piana, compreso quello più nascosto e isolato dove sorge il piccolo laghetto; monte Guaidone è già lì davanti che si avvicina velocemente, sormontato alle spalle dalla mole del Redentore. Con facili e modesti sali e scendi e con i panorami sulla piana e i Sibillini sempre davanti e intorno camminare è facile e leggero, frequenti le soste per far rifiatare Giorgetta e con questa scusa allungarci in piacevoli chiacchierate; incrociamo la strada di servizio nel punto in cui inizia a scendere verso il laghetto e con la traccia ben formata prendiamo a tagliare di traverso fino a contornare il Guaidone sul lato sinistro, dove una piccola faggeta interrompe la prateria. Siamo alti e lontani ma di fronte al fosso Mergani più conosciuto come l’inghiottitoio della piana di Castelluccio, un sinuoso ampio fosso che solca metà della piana fino a perdersi in una ampia “buca” sotto il pendio che sale a monte Ventolosa, nel punto più basso della piana; Giorgetta si incuriosisce, al ritorno vorrebbe vederlo da vicino ma basteranno i chilometri fino alla vetta del Guaidone e il ritorno per toglierlo dai suoi progetti immediati. La faggeta è fresca e buia, al suo interno non arriva il fastidioso venticello che non ci ha mollato un attimo ma dura poco e siamo già sul traverso finale che raggiunge il crinale di cresta; ultimo strappo verso la vetta, da superare un centinaio di metri, Giorgetta oggi è stanca, si fa trascinare ed incitare, cosa non fa per rimanere al centro dell’attenzione, serve a niente distrarla mostrandogli le belle e tante fioriture dei gigli Martagone di cui questo versante è pieno; forse piccata nell’orgoglio tira fuori però le ultime energie rimaste e ci supera tutti giungendo per prima in vetta (+2 ore). Ad attenderci un vento teso e freddino, in un primo momento ci rinfranca dal caldo della salita e dal sole a picco, poi ci costringe a coprirci e rimarremo in vetta, incredibile a dirsi, col guscio addosso. Per fortuna la sorta di trincea che c’è in vetta ed entro la quale ci sistemiamo, ci ripara quanto basta e la sosta è una delle più lunghe della nostra storia montanara; il paesaggio bellissimo, sulle prime fioriture quasi esclusivamente rosse dei papaveri, sulla piana tutta, sulle montagne intorno, sulla tavolozza in continuo mutamento a causa delle tante nuvole corsiere, nonché il comodo bivacco che induce a sonnolento riposo e lunghe chiacchierate non ci hanno messo fretta e a lungo sembrava che nessuno avesse voglia di tornare indietro. Giorgetta ha trovato il modo di farsi un comodo giaciglio dove ha trovato anche il tempo di schiacciare una pennichella. Quando cominciamo ad avercene un po' troppo del vento che rinforzando ci ha sbattuto per benino iniziamo a prendere in considerazione l’idea di rientrare, anche perché si era fatta una certa e avremmo dovuto cercare posto da qualche parte per mangiare; qualche foto tutti insieme per ricordare anche questa bella giornata e riprendiamo per la stessa via dell’andata. Come sempre quando si riprende per la “stalla” i cuccioli ritrovano vitalità e Giorgetta è li davanti a camminare spedita, il vento ci lascia un po' solo quando abbandoniamo la dorsale e iniziamo il traverso di rientro, ci abbandona dentro il bosco e lo ritroviamo fastidioso all’incrocio con la sterrata, ci togliamo i gusci, chi li sostituisce con una felpa, chi poi riprende il guscio, un momento strano. Alla sterrata non risaliamo la dorsale erbosa, continuiamo sulla carrareccia, allunghiamo un po' ma attenuiamo il dislivello; non ci mettiamo tanto a rientrare alla sella dove abbiamo parcheggiato (+1,30 ore), non rimaneva che mettere addosso qualcosa di asciutto, buttare un occhio ancora sulla piana e sul monte che ci ha ospitato a lungo e dirigerci alla ricerca di un tavolo dove continuare a dare senso questa bella e spensierata giornata. Complice una fioritura ancora non all’altezza di attirare turisti non facciamo fatica a trovare posto in una delle osterie di Castelluccio; in faccia al Redentore e alla piana. La promessa che ci facciamo è quella di intensificare questi appuntamenti, Giorgetta preferirebbe le uscite a cavallo, ne ha parlato continuamente, è la sua vera passione ma non sarà difficile coinvolgerla e magari prima che inizi la scuola ci riproveremo. Giorgetta, Silvia, Enrico, grazie, per me e Marina la montagna è uno modello di vita, trovare chi è in grado di condividerla con questa bella leggerezza ci arricchisce, quindi arrivederci alla prossima. Ma … Leila in tutto questa giornata che ha combinato? Ha trotterellato silenziosa un po' al guinzaglio e poi libera in vetta al Guaidone dove come la padroncina ha trovato il modo di ricavarsi una buca dove sonnecchiare; in osteria è sparita accovacciata sotto il tavolo forse pregustandosi quando una volta a casa tornerà libera di mostrarmi gli appuntiti canini e abbaiarmi da oltre il recinto.